Le Potenzialità dell’Uso dei Big Data in Agricoltura

Sensori per rilevare umidità e caratteristiche del suolo, droni e satelliti per monitorare lo stato dei raccolti, infrarossi per quantificare la gradazione zuccherina all’interno di meloni e cocomeri e colonnine metalliche per prevenire l’attacco dei parassiti.

Si tratta solo di alcune applicazioni della moderna agricoltura di precisione che, oltre a semplificare l’attività degli agricoltori ed incrementarne il fatturato, si caratterizza per la produzione di una grande quantità di dati.

In base all’analisi svolta nel 2012 dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, oltre il 62% degli acri impiegati per la produzione di soia e mais, sono stati coltivati attraverso l’impiego di devices volti a monitorare lo stato dei raccolti, mentre nella coltivazione di oltre il 73% degli acri si è impiegata una qualche forma di agricoltura di precisione.

In Europa, sono sempre più diffuse le app che consentono di monitorare la salute dei campi (Save Crop), lo stato di crescita del proprio raccolto (Agri Precision) o di prevedere l’arrivo delle piogge (Meteo).

I dati così raccolti possono essere generalmente ricondotti a tre principali categorie. I dati agronomici afferiscono alle condizioni dei campi coltivati ed includono informazioni relative alla composizione del suolo, alla sua produttività nonché alla presenza di piante infestanti.  I dati climatici riguardano la quantità di precipitazioni, la temperatura, il vento nonché ogni altra informazione relativa all’azione degli agenti atmosferici. I dati trasmessi dalle macchine agricole possono fornire informazioni rilevanti sul loro funzionamento, sul consumo di carburante e la necessità o meno di interventi di manutenzione.

Le potenzialità di questi dati, aggregati e processati, sono ancora in larga misura inesplorate. I dati agronomici provenienti da centinaia di agricoltori possono essere elaborati al fine non solo di interpretare situazioni passate, ma specialmente di anticipare trend e bisogni futuri. Aggregare le informazioni sullo sviluppo e salute delle colture può consentire di ricavare informazioni sull’efficacia dei fertilizzanti utilizzati, sulle tempistiche e quantità di utilizzo degli antiparassitari e, perché no, di “predire” quantità e qualità del raccolto. 

Informazioni utilissime non solo per soggetti direttamente coinvolti (agricoltori e aziende attive nel settore degli agrochimici) ma anche per investitori e intermediari finanziari che acquistano derivati sul prezzo di materie prime quali soia, mais e grano.

Numerose appaiono le implicazioni dei big data in agricoltura anche sotto il profilo legale. Privacy, protezione e titolarità dei dati, conservazione, utilizzo e cedibilità delle informazioni ricavate dagli stessi sono tra gli aspetti più controversi.

Le principali associazioni di agricoltori – Copa Cogeca in Europa e American Farm Bureau in USA – hanno già pubblicato dei documenti di orientamento volti a dettare i principi guida che dovrebbero regolare la raccolta, l’uso e lo scambio di dati. In ambo i documenti si sottolinea la necessità che i dati agronomici restino di proprietà degli agricoltori, ai quali deve essere riconosciuto un compenso per l’utilizzo dei dati prodotti. I contratti, inoltre, devono chiaramente definire le finalità per le quali i dati sono utilizzati e prevedere dei meccanismi di portabilità degli stessi. Si tratta, tuttavia, di linee guida, il rispetto delle quali avviene su base volontaria.

La materia necessita, tuttavia, di essere chiaramente regolamentata definendo quelli che sono i rapporti tra i vari attori coinvolti: agricoltori, data brokers che raccolgono e vendono i dati e soggetti che si occupano dell’analisi degli stessi. 

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