Home restaurant … progress in the regulatory framework

Anticipando il più organico e onnicomprensivo provvedimento che il governo dovrebbe finalizzare per riconoscere e valorizzare la sharing economy, la Camera con 326 voti favorevoli, il 18 gennaio 2017, ha approvato il disegno di legge relativo all'attività di home restaurant, assicurando al contempo trasparenza, equità fiscale, concorrenza e un'adeguata tutela ai consumatori.

I numeri che hanno spinto ad accelerare l'approvazione del testo unificato delle diverse proposte di legge sul tema sono lo specchio della dimensione che sta assumendo il mercato di riferimento negli ultimi anni:  7 milioni di euro l’anno generarti, 40 mila eventi e circa 300 mila persone coinvolte. Con una disciplina di soli 7 articoli per ora l'Italia si allinea agli standard europei almeno nella presa di coscienza della nuova dimensione dell'economia, non più esclusivamente basata sulla produzione e vendita di beni e servizi quanto sul loro scambio e la loro condivisione, conseguenza diretta dello sviluppo della rete e delle relative piattaforme digitali.

La scelta del legislatore è stata, quindi, quella di optare per una soft regulation che fosse comunque in grado di garantire maggiore chiarezza, assicurando al contempo trasparenza, equità fiscale, concorrenza e un'adeguata tutela ai consumatori.

Il provvedimento definisce in particolare cosa sia l'home restaurant, individua nel "gestore" della piattaforma il soggetto responsabile dell'organizzazione al quale attribuisce obblighi di verifica e controllo, nonché compiti specifici sia nei confronti degli "utenti operatori cuochi" che dell'unità immobiliare utilizzata per lo svolgimento dell'attività. Rispetto all'unità abitativa adibita all'esercizio dell'attività di home restaurant il provvedimento fissa le caratteristiche che devono essere possedute dall’immobile, nonché l’obbligo del rispetto di talune procedure igieniche. Viene, inoltre, reso obbligatorio l'esercizio dell'attività attraverso piattaforme digitali sulle quali devono avvenire le transazioni commerciali, da concludersi esclusivamente mediante l'ausilio di sistemi di pagamento elettronico. 

Nel definire l'attività di home restaurant, quale "attività occasionale finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti anche a titolo gratuito, e con preparazione dei pasti all’interno delle strutture medesime" (art. 1), il testo della legge stabilisce requisiti minimi e massimi per l'applicazione della disciplina in questione (art. 4). In particolare, deve trattarsi di almeno cinque eventi enogastronomici e/o cinquanta pasti totali in un anno solare organizzati e forniti all'interno dell'unità abitativa segnalata, distinguendo così l'attività svolta dalla diversa figura del social eating, sottratta per espressa previsione normativa alle disposizioni della legge in esame. Tuttavia, "l’utente operatore cuoco" non potrà svolgere attraverso la piattaforma la suddetta attività per più di cinquecento coperti nella medesima unità immobiliare nel corso dell'anno solare, né percepire dalla stessa proventi annui superiori a 5.000 euro. Oltre questa cifra, verrà a configurarsi una vera e propria attività imprenditoriale abituale, con conseguente necessario possesso di una partita Iva e adempimento di tutti gli obblighi connessi di natura fiscale.

Sotto il profilo dei requisiti che devono possedere le abitazioni destinate all’attività di home restaurant (art. 5), le stesse dovranno essere conformi ai requisiti igienico–sanitari previsti dalla normativa vigente, senza che ciò comporti un cambiamento nella destinazione d’uso dell'immobile, né che sia necessario provvedere all’apertura di un’attività commerciale e quindi procedere all'iscrizione nel relativo registro. In ogni caso, non potrà trattarsi di abitazioni in cui sono già in essere attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale o attività di locazione per periodi di durata inferiore a trenta giorni (id est  Airbnb).

Rispetto all'impostazione originaria, non è più necessario il rispetto delle procedure previste in relazione all'analisi dei rischi e controllo di punti critici sull'igiene dei prodotti alimentari (HACCP); né è richiesta la comunicazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) al Comune competente. Quanto al primo aspetto, sarà il Ministero a stabilire "buone pratiche di lavorazione e di igiene e le modalità di controllo"; quanto al superamento della dichiarazione richiesta per coloro che iniziano, modificano o cessano un'attività produttiva, conformemente all'impostazione generale è stato stabilito in capo al gestore  l'obbligo di comunicare ai Comuni interessati, per via digitale, le unità immobiliari registrate nella piattaforma presso le quali si svolgerà l'attività di home restaurant, secondo le modalità che verranno stabilite entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. In caso di esercizio dell'attività di home restaurant in assenza della suddetta comunicazione è prevista la cessazione dell'attività e l'applicazione di un sanzione amministrativa compresa tra 2.500 e 15.000 euro.

Ora si attende la sorte del disegno di legge passato al Senato che dovrà tenere in debito conto le richieste di  riesame e alleggerimento dei vincoli imposti, ritenuti eccessivamente gravosi e quindi controproducenti rispetto allo sviluppo di un possibile  volano per l'economia nazionale.

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